Una proposta innovativa per la previdenza complementare

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1.La previdenza complementare: una riforma incompiuta

E’ tempo di bilanci per la previdenza complementare. Le adesioni complessivamente registrate alla previdenza complementare alla fine del 2009 hanno superato i 5 milioni, con una dinamica di crescita su base annua e al netto delle uscite che evidenzia un sensibile rallentamento rispetto all’anno precedente. Le adesioni dei lavoratori dipendenti rappresentano circa il 27 per cento del totale degli occupati, un dato assolutamente in linea con le esperienze della previdenza complementare ad adesione volontaria di altri Paesi, ma che mostra forti sperequazioni settoriali e territoriali nella distribuzione delle adesioni, che permangono più elevate al Nord, nel sistema delle grandi imprese e delle aziende maggiormente sindacalizzate. Un fenomeno che evidenzia un dato ormai strutturale della previdenza complementare italiana e che, rappresentando un forte elemento di disomogeneità e dualismo nel percorso di consolidamento del sistema, ne compromette la solidità dal punto di vista sociale e la capacità di “assicurare più elevati livelli di copertura previdenziale”, come previsto dal legislatore…

All’insufficiente livello delle adesioni alla previdenza complementare da parte dei lavoratori della piccola e media impresa hanno concorso più fattori: una minore capacità di penetrazione informativa; una maggiore riluttanza dei datori di lavoro a privarsi del TFR, che si è tradotta in una più forte azione dissuasiva nei confronti delle scelte di adesione dei lavoratori alla previdenza complementare; un contesto economico meno favorevole (basso dato medio retributivo pro capite per addetto ed elevata turnazione e mobilità del lavoro), un’avversione alla privazione della liquidità da parte dei datori di lavoro e un uso del TFR, per il lavoratore, per affrontare le spese impreviste o per integrare un reddito da lavoro esiguo.

La campagna informativa che accompagnò il periodo dedicato al “silenzio – assenso” nel primo semestre del 2007 si mosse più sul piano della comunicazione spicciola che della cultura e della informazione previdenziale, anche per la ristrettezza dei tempi a disposizione in coincidenza con l’anticipo della riforma, con il risultato che, laddove sono mancati sistemi strutturati ed efficaci di comunicazione con i lavoratori, questi non hanno potuto compiere scelte consapevoli, rinviandole al futuro.

Ha dunque pesato non tanto la irreversibilità dell’adesione (come confermano i brillanti risultati conseguiti in alcuni settori della grande impresa e ad elevato tasso di sindacalizzazione, dove le adesioni raggiungono percentuali significative, prossime o superiori all’80% dei destinatari totali), quanto la maggiore fragilità delle relazioni sindacali, la parcellizzazione della dimensione, l’assenza di un’offerta contestuale di credito sostitutivo a basso costo per le imprese, da parte del sistema bancario, a fronte dello smobilizzo del TFR verso i fondi pensione.

Sussiste, peraltro, una inesatta percezione delle compensazioni previste dalla legge a beneficio del datore di lavoro, a causa di notevoli asimmetrie informative esistenti nel sistema delle relazioni sindacali delle PMI e largamente diffuse anche a livello dei consulenti di lavoro. Tali asimmetrie non consentono al datore di lavoro di valutare correttamente il maggiore onere, al netto delle compensazioni esistenti, derivante dal conferimento del TFR dei propri dipendenti verso il fondo pensione.
Il TFR rappresenta, infatti, per le imprese italiane una fonte di autofinanziamento a basso costo che continua a permanere nel caso di aziende con meno di 50 addetti, laddove non sussiste l’obbligo di conferire il TFR non destinato alla previdenza complementare al Fondo di Tesoreria gestito dall’INPS.

Un dato che, in molte realtà aziendali, finisce per trasformare il conferimento del TFR in una barriera implicita all’accesso dei lavoratori alla previdenza complementare, soprattutto a causa delle difficoltà e degli elevati oneri per l’accesso al credito che le PMI sopportano. Oneri variamente differenziati in ragione dei contesti territoriali, dei settori produttivi di appartenenza, delle condizioni patrimoniali e reddituali delle imprese medesime.

Non c’è dubbio che la volontarietà dell’adesione, se garantisce la libertà di scelta circa il conferimento del TFR e di un proprio contributo alla previdenza complementare, sposta anche sull’individuo l’onere di acquisire adeguate informazioni per un esercizio consapevole di tale scelta. E’ per questo motivo che tanto nel D.lgs 252/05, quanto nei principi di delega della legge 243/04, ci si concentrò sui contenuti delle informazioni rilevanti da garantire al lavoratore.

La possibilità, nel futuro, di realizzare adeguati livelli di prestazione previdenziale dipenderà dalla capacità del sistema di previdenza complementare di garantire a tutti i lavoratori, e non solo ai lavoratori del settore o di aziende con presenza sindacale autorevole l’accesso ad una forma pensionistica complementare. Bisogna, infatti, evitare che la previdenza complementare rimanga un’occasione per i lavoratori più fortunati e tutelati, discriminando in base alla dimensione aziendale, al territorio, al livello del reddito.

Oltre alle necessarie azioni di sistema, volte a migliorare la cultura previdenziale e a promuovere lo sviluppo di un’informazione chiara e puntuale sulle opportunità offerte dall’adesione ad una forma pensionistica complementare, anche in relazione alla graduale riduzione delle prestazioni della previdenza obbligatoria, a seguito dei numerosi processi di riforma intervenuti al fine di assicurare la sostenibilità finanziaria del sistema previdenziale obbligatorio, è fondamentale il ruolo svolto dai sistemi delle relazioni sindacali, in considerazione delle prerogative attribuite alle fonti istitutive di natura contrattuale collettiva dal nostro ordinamento.

2.Il nesso e la relazione di funzionalità nella produzione legislativa, e gli spazzi all’autonomia contrattuale

I provvedimenti legislativi in materia pensionistica hanno riguardato, in maniera coordinata, la finanza pubblica (stabilizzazione del rapporto tra spesa previdenziale ed il prodotto interno lordo); i limiti di età per l’accesso; le modalità di calcolo della prestazione; la omogeneizzazione dei diversi trattamenti pensionistici obbligatori; la realizzazione di un sistema di previdenza complementare per l’erogazione di trattamenti aggiuntivi alle prestazioni del sistema pubblico.

Per valutazione unanime della giurisprudenza, i due sistemi previdenziali (pubblico e complementare) hanno un forte nesso e una forte relazione di funzionalità.

Il nesso di funzionalità è del tutto evidente nella finalità che il legislatore assegna alla promozione della previdenza complementare (realizzare più elevati livelli di copertura previdenziali); nella relazione temporale tra accesso alla prestazione integrativa e la liquidazione del trattamento obbligatorio; nella natura giuridica del contributo posto a carico del datore di lavoro dalla contrattazione collettiva considerato non emolumento retributivo con funzione previdenziale ma contributo di natura previdenziale estraneo alla retribuzione imponibile INPS.

La relazione di funzionalità si riscontra, oltre che in ciascuna fase del rapporto nella previdenza complementare, in maniera forte nell’individuazione dei soggetti destinatari del sistema complementare coincidenti con i soggetti protetti nel rapporto di previdenza obbligatoria: lavoratori subordinati, sia pubblici che privati, comprese le nuove tipologie di lavoratori atipici introdotte dalle più recenti normative sul mercato del lavoro; lavoratori autonomi e liberi professionisti, anche organizzati per aree professionali e per territorio; soci lavoratori di cooperative, anche unitamente ai lavoratori dipendenti dalle cooperative interessate, e, nell’ottica dell’universalizzazione del rapporto di lavoro di previdenza complementare, tutti i produttori di reddito di lavoro, anche implicito; i soggetti svolgenti lavori di cura non retribuiti derivanti da responsabilità familiari.

Nesso e relazione di funzionalità tra previdenza pubblica e previdenza complementare non determina, però, l’identità assoluta poiché il primo sistema si caratterizza per l’automaticità del rapporto giuridico proprio del sistema pubblico di previdenza sociale mentre il secondo è condizionato, nel rapporto giuridico, dalla libertà e dalla volontarietà di adesione garantita dall’articolo 1 del D lGs 252/05, sia nelle forme di adesione con modalità esplicita che con modalità silenti.

La natura giuridica del contributo posto a carico del datore di lavoro dalla contrattazione collettiva per il finanziamento delle forme di natura negoziale della previdenza complementare è rafforzata dall’obbligo al versamento del contributo di solidarietà poichè, come la Corte Costituzionale ha chiarito, esso rappresenta una contropartita necessaria in esplicazione del “principio di razionalità- equità” (articolo 3 della Costituzione) coordinato con il principio di solidarietà con il quale deve integrarsi l’interpretazione dell’articolo 38, secondo comma, della Costituzione. Il referente costituzionale è, quindi, il canone interpretativo principale e necessario per la ricostruzione del fondamento di un rapporto finalizzato a realizzare l’obiettivo costituzionale.

L’uso del TFR come strumento privilegiato per il finanziamento della previdenza complementare; la facoltà data alle parti sociali, in sede di contrattazione collettiva, di determinare l’ammontare del contributo posto a carico del datore di lavoro; le agevolazioni fiscali per gli aderenti e le misure compensative per il datore di lavoro; intrecciano l’interesse individuale dei lavoratori ad usufruire di forme di previdenza complementare con il dovere specifico di cura dell’interesse pubblico ad integrare le prestazioni previdenziali, altrimenti inadeguate spettanti ai soggetti economicamente più deboli.1

La lettura coordinata dei provvedimenti legislativi che hanno riguardato la previdenza pubblica e la previdenza complementare, i riscontri normativi dei diversi intrecci, la natura giuridica del contributo del datore di lavoro e il ruolo delle fonti istitutive mentre da un lato rafforzano il collegamento funzionale tra previdenza obbligatoria e previdenza complementare e collocano la previdenza complementare nell’ambito delle tutele previste dall’articolo 38, secondo comma, della Costituzione; dall’altro permettono alla contrattazione collettiva, nell’ambito del quadro normativo disegnato dal legislatore, di sperimentare nuove modalità di adesione alla previdenza complementare, diverse dalle forme fino ad ora conosciute e slegate dall’obbligo di conferimento del Trattamento di Fine Rapporto, poiché il TFR non è l’unico strumento di finanziamento della previdenza complementare, se pur individuato dal legislatore come fonte privilegiata.

3.Una proposta innovativa: ruolo della contrattazione collettiva ed adesione generalizzata con il contributo aziendale

Dove il livello di adesioni si mantiene ancora troppo basso, pur in presenza di bacini molto ampi di destinatari., occorre rilanciare l’iniziativa delle parti, anche valutando modalità di sostegno contrattuale innovative.

Fra queste, da qualche anno la dottrina giuslavoristica annovera la possibilità che la contrattazione collettiva possa prevedere un’adesione generalizzata, tramite il contributo aziendale dei lavoratori alla forma pensionistica complementare, promossa dai medesimi contratti.

Una soluzione che, circondata di opportune cautele, potrebbe garantire ai lavoratori l’esercizio di un’adesione libera e volontaria mediante la previsione di modalità tacite o esplicite di espressione della volontà di consenso informato, tenuto conto del quadro normativo vigente.

È opportuno chiarire che l’adesione generalizzata per via contrattuale tramite il contributo del datore di lavoro non comporta limitazioni alla facoltà del lavoratore di conferire un proprio contributo e il TFR alla medesima forma pensionistica complementare individuata dagli accordi o dai contratti collettivi, secondo quanto già previsto dall’art. 8 del D. lgs 252/2005 e non pregiudica l’applicazione delle modalità tacite di conferimento del TFR maturando previste dalla legge nel caso in cui, entro sei mesi dalla data di prima assunzione, il lavoratore non esprima alcuna volontà.

Al fine di evitare che la scelta del lavoratore di non aderire al fondo pensione comporti il venire meno del relativo onere a carico del datore di lavoro e determini il rischio  di azioni dissuasive esercitate da quest’ultimo nei confronti del lavoratore interessato la proposta prevede il mantenimento dell’obbligo contributivo a carico del datore di lavoro anche in assenza di adesione.

In tale caso, le risorse corrispondenti alla contribuzione riconosciuta in assenza di adesione, per i lavoratori che abbiano manifestato secondo modalità tacita o esplicita la volontà di non aderire alla previdenza complementare, potrebbero essere destinate:
alla valorizzazione delle posizioni individuali degli aderenti attraverso il finanziamento di iniziative di solidarietà, a beneficio dei lavoratori che abbiano già aderito al fondo pensione, in ragione dell’anzianità di iscrizione e del periodo di maggiore permanenza nel fondo;
all’istituzione ed al finanziamento di fondi di rotazione destinati ad abbattere gli oneri per la contro assicurazione delle garanzie concesse dai consorzi fido in caso di concessione alle imprese del credito sostitutivo del TFR conferito alla forma pensionistica complementare;
al finanziamento di piani di proselitismo e di raccolta delle adesioni promossi dal fondo pensione.
L’adesione generalizzata dei lavoratori alla previdenza complementare per via contrattuale non ha ancora trovato applicazione pratica da parte delle fonti istitutive delle forme pensionistiche complementari ma, nei mesi scorsi, nel comparto artigiano Cgil, Cisl e Uil avevano avanzato alle associazioni datoriali, in sede di confronto per il rilancio del fondo pensione negoziale Artifond, una specifica ed articolata proposta che non ha avuto, purtroppo, seguito.

4.Le opportunità dell’adesione generalizzata

L’adesione generalizzata, per via contrattuale, dei lavoratori alle forme pensionistiche complementari con il contributo del datore di lavoro può consentire, tra l’altro,il raggiungimento di un livello adeguato di iscritti, con effetti positivi in termini di economie di scala, di abbattimento degli oneri di gestione amministrativa e delle quote associative annue.

In chiave critica è stato osservato che l’adesione generalizzata per via contrattuale tramite il solo contributo del datore di lavoro non permetterebbe di determinare la realizzazione di posizioni individuali adeguate alle esigenze previdenziali degli aderenti.

Al riguardo si può osservare che l’adesione generalizzata consentirebbe, in una visione macro, alla forma pensionistica complementare di realizzare iniziative di informazione e di comunicazione mirate nei confronti degli aderenti, finalizzata a colmare quelle asimmetrie informative, derivanti dalla scarsa conoscenza della prestazione pensionistica obbligatoria prevedibilmente attesa e dall’inesatta percezione delle opportunità offerte dalla disciplina della previdenza complementare; mentre in una visione individuale una conoscenza da parte dei lavoratori dei meccanismi e della finalità della previdenza complementare anche in relazione alla proiezione del tasso di sostituzione al momento del suo pensionamento.

Se nei settori altamente sindacalizzati o nella grande impresa tali asimmetrie informative sono rimosse attraverso l’iniziativa meritoria dei rappresentanti sindacali, dal “passa – parola” fra i lavoratori, e dai comportamenti “emulativi” dei medesimi, nella piccola impresa occorrono strumenti informativi e di comunicazione che tengano conto della maggiore parcellizzazione aziendale e della straordinaria diffusione delle imprese sul territorio.

Sul piano dell’analisi economica queste economie di scala si manifesterebbero attraverso la subbadditività della funzione di costo, ovvero l’andamento decrescente per un lungo tratto della curva dei costi medi, a seguito di economie di scala sufficientemente sviluppate.

Un secondo motivo che esalta gli aspetti positivi di ipotesi di adesione generalizzata per via contrattuale riguarda la creazione di importanti esternalità economiche positive derivanti dall’azione della contrattazione collettiva nazionale di lavoro che potrebbe svolgere un ruolo essenziale nella promozione della previdenza complementare privata anche nei settori della piccola e media impresa “più opachi” dal punto di vista della rappresentanza sindacale, rivitalizzando il ruolo delle parti sociali. In ultima analisi, l’azione delle parti sociali può essere considerata come un “bene pubblico meritorio abilitante”.

Inoltre, il risultato della adesione generalizzata tramite la contrattazione collettiva, determinando l’obbligo del versamento contributivo a carico del datore di lavoro,  anche nel caso in cui il lavoratore decidesse di non aderire alla previdenza complementare, genererebbe comunque economie esterne positive a favore di tutti gli aderenti, garantendo un’effettiva possibilità di accesso e l’esigibilità della previdenza complementare.

Infine, l’adesione generalizzata consentendo la permanenza presso l’azienda del TFR maturando (si ricorda che nelle imprese con meno di cinquanta addetti la scelta del lavoratore di non aderire tacitamente o esplicitamente ad un fondo pensione non comporta l’obbligo di conferimento del TFR maturando verso il fondo di Tesoreria gestito dall’INPS) determina una maggiore articolazione delle modalità di adesione  alla previdenza complementare, specie in contesti produttivi caratterizzati da maggiori difficoltà di accesso al credito e di reperimento della liquidità realizzando una maggiore flessibilità di utilizzo del sistema.

1 – Sentenze Corte costituzionale n. 421 del 1995, n. 292 del 1997, n. 178 del 2000

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