OCSE: seguire l’Olanda verso la semplificazione amministrativa

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 Il recente studio dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) Cutting Red Tape – Why is Administrative Simplification so Complicated? – Looking beyond 2010, si presenta interessante soprattutto con riferimento alla riduzione degli oneri amministrativi.
 
Dapprima, viene effettuata una ricognizione di massima circa gli sviluppi dell’attività di semplificazione amministrativa in alcuni Paesi membri. Quindi, lo studio pone l’accento sugli errori ricorrenti nella definizione e nell’adozione dei programmi di semplificazione. Infine, viene predisposta una sorta di guida per migliorare le politiche e le scelte di semplificazione, elaborando quattro regole per la valutazione dei progetti di riduzione degli oneri amministrativi e fornendo ulteriori indicazioni sull’utilizzo dello Standard Cost Model (Scm) per l’analisi costi/benefici.
La Misurazione degli oneri amministrativi (Moa), realizzata attraverso lo Scm, ha assunto un ruolo di rilievo all’interno delle politiche di better regulation: la Moa consente infatti di stimare i costi amministrativi per acquisire le informazioni necessarie ad attuare gli interventi di semplificazione – si veda ne La Tela di Penelope, primo rapporto ASTRID sulla semplificazione legislativa e burocratica, il contributo di F. Sarpi.
Quanto all’Italia, lo Scm è stato introdotto nel 2005. La prima sperimentazione ha riguardato 25 casi ed è stata realizzata dalla Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione su incarico del Dipartimento della Funzione Pubblica. Dal 2007, la Moa è entrata a regime presso l’Ufficio della semplificazione, che si è occupato del relativo coordinamento anche attraverso l’individuazione delle aree di misurazione nel Piano per la semplificazione e la qualità della regolazione. Ciò dimostra che nel nostro Paese il sistema Smc è piuttosto integrato e reputato fondamentale per l’attuazione delle politiche di riduzione dei costi amministrativi, sebbene la sua introduzione abbia conosciuto una certa gradualità e siano ancora necessari dei correttivi anche in riferimento alla sua estensione applicativa.
Secondo l’OCSE, infatti, la semplificazione amministrativa è efficace (e dunque può dirsi riuscita) proprio quando consente di estendere ai cittadini e al settore pubblico le politiche di riduzione degli oneri; di definire standard quantitativi di riduzione; di creare strutture di coordinamento dei progetti di semplificazione e di rafforzare il coinvolgimento degli stakeholders.
Lo studio in esame presuppone che le norme e le formalità stabilite dai governi siano strumenti fondamentali per l’attuazione delle politiche pubbliche in numerose aree di intervento. A questa considerazione di fondo deve aggiungersi che, per l’attuazione delle politiche pubbliche, i governi necessitano di numerose informazioni per indirizzare le norme verso specifiche problematiche riguardanti i cittadini.
Tuttavia, la produzione, sempre più fitta, di norme accresce i carichi amministrativi in numero e complessità: il cosiddetto carico amministrativo è infatti determinato dal crescente uso delle formalità stabilite dalle norme. Ne discende la necessità di adottare, prima di tutto, lo strumento di semplificazione normativa rivisitando norme e formalità: si tratta di una scelta politica.
È pur vero, però, che la semplificazione normativa afferisce alla qualità delle norme, al loro modo di essere. Rimane il problema della quantità normativa che, soprattutto nell’ultimo decennio, si è fatta eccessiva. Proprio questo fenomeno ha determinato l’importanza e il ruolo fondamentale della semplificazione amministrativa e soprattutto della sua buona riuscita. In altri termini, per via della complessità e del dinamismo delle società e dei mercati moderni, il carico amministrativo derivante dalla massiccia produzione normativa e dai relativi oneri, tanto per i cittadini quanto per il settore pubblico, è diventato eccessivo al punto da renderne necessaria la riduzione.
 
LA SEMPLIFICAZIONE AMMINISTRATIVA NEGLI STUDI OCSE (2003-2008)
Nel ripercorrere l’attività di studio effettuata dall’OCSE sulla semplificazione amministrativa, il rapporto 2010 rimarca che i Paesi aderenti si sono concentrati per anni sul problema della riduzione dei costi amministrativi, ritenendolo uno dei più importanti strumenti per innovare e riformare la regolamentazione.
Ad esempio, il rapporto OCSE 2003 From Red Tape to Smart Tape focalizza l’attenzione principalmente sull’analisi dei singoli strumenti usati per semplificare le norme amministrative in un ristretto numero di Paesi.
In altro studio del 2006 Cutting Red Tape: National Strategies for Administrative Simplification si evidenzia che le semplici iniziative di semplificazione presentate nel rapporto precedente si sono trasformate in veri e propri programmi di governo per la riduzione dei carichi amministrativi: ciò è accaduto grazie all’elaborazione di nuovi programmi che si sono concentrati soprattutto su alcuni strumenti quantitativi come lo Scm.
Nel 2007, poi, è stato proposto un progetto sulla misurazione comparativa del carico amministrativo nel settore dei trasporti coinvolgendo ben 11 dei Paesi membri. Risultato: la pubblicazione di uno studio intitolato Cutting red tape: Comparing administrative burdens across countries con l’obiettivo, da un lato, di identificare le best practices per la semplificazione, dall’altro, di introdurre un metodo comparativo per l’attuazione della semplificazione. La conclusione dello studio del 2007 prova come la misurazione e il confronto degli oneri sia possibile, ma niente affatto facile, essendo oltretutto necessario effettuare precise scelte metodologiche.
Quanto all’Italia, deve ricordarsi che nel marzo 2007 è stato stipulato un accordo in materia di semplificazione e qualità della regolazione dalla Conferenza unificata, per cui anche sulla Moa sono tutt’oggi i vari livelli di Governo a dover stabilire metodologie e obiettivi comuni. Tuttavia, tale accordo non ha portato a grandi risultati. Solo nel 2008, infatti, è stata effettuata una prima sperimentazione regionale della Moa (coinvolgendo Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Toscana); l’Anci ne ha poi proposto una sperimentazione a livello comunale. Sostanzialmente, però, in Italia non vi sono ancora organi o enti preposti a monitorare la Moa (si veda di nuovo il saggio di F. Sarpi già citato).
Dopo il progetto sulla misurazione comparativa, l’Ocse ha pubblicato altre due relazioni sul tema in esame: Administrative Simplification in the Netherlandsnel 2007 e Making Life Easy for Citizens and Businesses in Portugal: Administrative Simplification and e-Government nel 2009. La prima, passa in rassegna i programmi di semplificazione amministrativa in Olanda, evidenziando taluni problemi soprattutto con riferimento all’impatto sui mercati azionari. Quella del 2009, invece, si occupa di un’ambiziosa iniziativa del governo portoghese per accrescere l’efficienza del settore pubblico. Quest’ultima, in particolare, è risultata di notevole aiuto agli altri Paesi membri in quanto ha fatto luce sulla connessione tra le riforme normative, la crescita economica e la solidità dei governi.
 
LINEE GUIDA PER L’ATTUAZIONE DELLA SEMPLIFICAZIONE AMMINISTRATIVA
Secondo l’OCSE, è importante rimarcare la ratio della semplificazione amministrativa che consiste nel far fronte a problemi strutturali (tra cui il volume crescente di norme) in risposta ai seguenti punti:
1. i rapporti in continua evoluzione tra lo Stato e l’economia;
2. la crisi del mercato;
3. la gestione dei rischi;
4. le innovazioni tecnologiche finalizzate ai cambiamenti sociali.
D’altra parte, è interessante osservare che i principali progressi sociali si sono verificati proprio in quelle aree in cui è stata praticata una reale riduzione degli oneri amministrativi: il rapporto OCSE 2010 evidenzia appunto che il modello tedesco dei costi standard (Scm) è adottato da un crescente numero di ordinamenti e rimane lo strumento principale per attuare la semplificazione amministrativa.
Il rapporto OCSE 2010 è articolato in più capitoli. Il capitolo 1 tratta gli ultimi sviluppi della semplificazione amministrativa, anche in relazione ai vari programmi per la riduzione dei costi: i Paesi più importanti giungeranno alla riduzione dei loro attuali oneri amministrativi nei prossimi anni, mentre al momento si sta valutando come agire per rendere più efficienti le spinte innovative del sistema.
Si passa poi ad approfondire (capitolo 2) le opzioni politiche necessarie allo sviluppo e ai cambiamenti dei Paesi, fornendo agli attori istituzionali deputati a creare le norme e a elaborare le linee politiche di intervento, alcune importanti guidelines su come evitare gli errori che generalmente si commettono quando si ha a che fare con i programmi di semplificazione amministrativa. Il capitolo 3, infine, suggerisce spunti per una buona valutazione dei progetti di riduzione degli oneri; in particolare, vengono esaminati gli aspetti della riduzione degli oneri concernenti la proporzionalità, l’efficacia, l’efficienza, nonché l’impatto macroeconomico.
In ultima analisi, attingendo all’esperienza dei paesi membri, il rapporto OCSE 2010 giunge alle seguenti conclusioni, che rappresentano delle vere e proprie regole per l’attuazione della migliore semplificazione amministrativa e la riduzione degli oneri:
– i progetti di semplificazione dovrebbero sempre rivolgersi ai cittadini e al settore pubblico;
– i governi dovrebbero quantificare i carichi e impostare target quantitativi per i loro programmi di riduzione; tuttavia, la quantificazione dovrebbe essere usata con una certa prudenza, accompagnandosi, all’occorrenza, con strumenti qualitativi;
– la semplificazione amministrativa dovrebbe essere integrata con altre attività di riforma normativa;
– dovrebbero essere create strutture istituzionali efficienti volte al coordinamento e al monitoraggio dei progetti di semplificazione;
– la comunicazione con gli stakeholders dovrebbe essere rafforzata;
– le opere di semplificazione amministrativa dovrebbero essere valutate in base al loro ‘value for money, elaborando una sorta di strategia di valutazione che preceda la proposta di ogni progetto.
 
CONCLUSIONI
Al momento, in Italia, le stime effettuate sugli oneri amministrativi riguardano soprattutto norme di fonte statale, mentre non è stata ancora effettuata una misurazione delle baseline (come accade in altri Paesi, tra cui in primis l’Olanda): l’Italia ha preferito scegliere ogni anno le aree di regolazione dal più rilevante impatto. In Olanda, invece, le autorità locali hanno un proprio programma di misurazione che svolgono in modo coordinato con il livello centrale: i comuni olandesi hanno sottoscritto un accordo per monitorare il raggiungimento dell’obiettivo di riduzione del 25% a livello comunale. A tal fine, è stata anche stabilita la misurazione della baseline comunale che coinvolge 25 Comuni e interessa sia le norme statali, sia le regole adottate a livello locale (si veda di nuovo il lavoro di F. Sarpi).
Non vi sono dubbi che la Moa in Italia, come in ogni altro Paese, debba essere considerata determinante e funzionale rispetto alla semplificazione. Inoltre, la Moa non deve essere concepita nell’interesse esclusivo delle imprese: in alcuni casi (Regno Unito, Francia e Olanda), essa riguarda già i cittadini e la pubblica amministrazione; in Italia, ma ad esempio anche in Germania, si è prospettata l’adozione di soluzioni applicative da estendere ai cittadini e alla pubblica amministrazione.
Rimane indiscusso, comunque, che la Moa debba essere prioritariamente dedicata alla riduzione del carico burocratico sull’economia. Del resto, quanto rilevato dallo studio dell’OCSE del 2010 è in sintonia con ciò che è stato stabilito a livello comunitario. Infatti, a partire dal 2007, col Programma d’azione per la riduzione degli oneri amministrativi nell’Unione Europea, la Commissione ha definito i settori d’intervento e la metodologia di stima – lo Scm appunto – e ha proposto un obiettivo di riduzione del 25% degli oneri amministrativi entro il 2012.
Sull’impiego della Moa e, in particolare, dello Scm si può notare che l’Italia non ancora ha definito una precisa politica di better regulation all’interno della quale collocare la Moa. Risulta dunque una rappresentazione frammentaria dell’impiego di certi strumenti come le consultazioni pubbliche, distribuiti senza un criterio organico tra diversi soggetti del panorama istituzionale, così da rendere poco fluido anche il rapporto con gli stakeholders.
Pertanto, anche da quanto emerso attraverso il rapporto Ocse del 2007, l’Italia dovrebbe agire in funzione correttiva sui seguenti versanti:

stima degli oneri generati dalla disciplina non statale;

applicazione proporzionale del metodo di stima degli oneri;

organicità e continuità delle policy in materia di better regulation;

migliorare la comunicazione allo scopo di a) mantenere alta l’attenzione verso la Moa; b) semplificare la rilevazione dei dati e delle informazioni; 3) diffondere nel mondo imprenditoriale le informazioni sulle semplificazioni.

Tuttavia, è già possibile disporre dei primi dati relativi alla misurazione degli oneri in Italia (attinti dal sito del Dipartimento della funzione pubblica): nelle aree sinora analizzate. Gli oneri totali sono infatti pari a €16 miliardi l’anno. Di questi circa 7 miliardi discendono dalla normativa in materia di lavoro e previdenza: su essa si è intervenuti applicando programmi di semplificazione che comportano un risparmio atteso di circa 4,8 miliardi l’anno. E comunque, in Italia, per il 2007 e il 2008 il costo complessivo della misurazione è stato nettamente inferiore a quello registrato in altri Paesi (€ 840.000 contro, ad esempio, i 3,7 miliardi della Francia).
La riduzione degli oneri al 25% costituisce un obiettivo uniforme in Europa. In Italia, tale obiettivo è stato ribadito dall’art. 25 c. 3 del d.l. 112/2008 (c.d. “taglia-costi”) per cui la riduzione nella misura in questione dovrà essere conseguita entro il 2012.
Tuttavia, né l’art. 25 del d.l. 112/2008, né le linee guida per la predisposizione dei piani di riduzione, chiariscono i criteri di distribuzione dell’obiettivo di riduzione tra le varie amministrazioni italiane in base al peso burocratico da queste esercitato sulle imprese. Il governo si è al momento limitato ad adottare dei piani di riduzione rispetto ai quali ciascuna amministrazione è tenuta a delineare degli indicatori ad hoc (indicatori di realizzazione degli interventi di riduzione programmati, indicatori di impatto, indicatori di risultato).
Si attende, ora che tali attività (elaborazione degli indicatori e misurazione degli oneri a livello locale) trovino compimento. Il modello di ispirazione rimane quello olandese, visto che l’esperienza olandese rappresenta il leading case da cui gli altri Paesi (compresa l’Italia) stanno traendo ispirazione per l’attuazione della Moa e dello Scm quali strumenti della semplificazione amministrativa.
 
 

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