La “divisività” tra le forze politiche: male endemico o “cattiva politica”?

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La cronaca politica degli ultimi vent’anni registra una crescente divisività, il neologismo coniato da Luciano Cafagna (2003) per indicare la polarità radicale tra le forze politiche. La divisività, tratto di lungo periodo della nostra vicenda storico-istituzionale che avrebbe ostacolato una convivenza di tipo liberaldemocratico fin dagli anni successivi all’Unità, è, come messo in luce da diverse analisi, tornata in auge nella Seconda Repubblica: per le élite politiche è divenuto un valore da proporre agli elettori e la dialettica politica ha assunto tinte di accuse violente, di delegittimazione morale prima ancora che politica, secondo una concezione basata sulla contrapposizione amico-nemico [Lippolis e Pitruzzella 2007].

Ma la mancanza di coesione tra le élite politiche riflette quella dei cittadini ? Negli anni settanta del secolo scorso, Giovanni Sartori definì il caso del sistema pluripartitico italiano un fenomeno di “pluralismo polarizzato”. Nella visione di Sartori si trattava di un processo bottom-up, nel senso che era la polarizzazione dell’elettorato ad aver determinato la frammentazione e la polarizzazione della rappresentanza politica. Il processo potrebbe essere al contrario di tipo top-down, nel senso che la polarizzazione interesserebbe più le élite che non l’elettorato (Felli, 2015).

Il tema ha appassionato anche gli economisti, nelle interpretazioni sulla crisi italiana: secondo Michele Salvati (2000), il modo (l’aiuto determinante di forze esterne nella caduta del fascismo) e il periodo (la guerra fredda) in cui avvenne la transizione verso la democrazia avrebbero marcato il sistema politico-istituzionale con un imprinting indelebile, con conseguenze negative sulle vicende politiche ed economiche successive (inflazione, debito pubblico, fallimento delle politiche per il Mezzogiorno): una  “frattura incomponibile” da cui sarebbe discesa “l’impossibilità di decidere con rigore e lungimiranza” e la mancanza di una classe dirigente adeguata. L’esito deludente della stagione riformistica seguita alla crisi del 92-93 è stata interpretata come la conseguenza di una contrapposizione tra due visioni, giacobinismo e conservatorismo (Barca, 2006); contrapposizione che avrebbe generato una sorta di attendismo con l’effetto di erodere gradualmente l’efficacia delle riforme messe in atto in quella stagione. La relazione tra convincimenti degli elettori e coesione delle élites resta tuttavia relativamente poco approfondita; approfondimento utile per capire se il sistema politico funziona in modo da selezionare le élites che ben rappresentano i propri elettori.

Ho quindi cercato di valutare, dati alla mano, se la mancanza di coesione che ha caratterizzato le classi dirigenti nella Seconda Repubblica, rifletta divergenze profonde nell’elettorato: l’evidenza che ho raccolto non sembra confermare questa ipotesi.

Per condurre questo esercizio ho approssimato la coesione delle élites, secondo la metodologia usata dai  politologi, con la eterogeneità dei partiti lungo le diverse dimensioni di policy secondo l’asse Destra-Sinistra. Altre indagini empiriche, basate sulle expert surveys, evidenziano che la polarizzazione dei partiti in Italia è cresciuta ed è  relativamente elevata in confronto ad altri paesi dell’Europa occidentale (Curini e Iacus, 2008). Applicando questa metodologia, ho calcolato l’indice di polarizzazione con riferimento alle consultazioni elettorali tenute agli inizi degli anni 2000. I dati, riportati nella tavola 1 confermano che l’Italia presenta un indice di polarizzazione più elevato di quello dei paesi del campione di confronto.

Per verificare il grado di coesione dei cittadini ho analizzato le loro opinioni su alcune dimensioni della politica economica rilevate attraverso le  surveys condotte dalla World Value Survey  (WVS) che utilizza il metodo delle domande a scelta multipla. In particolare sono state selezionate alcune dimensioni di policy ripartite in tre gruppi: valoriali, politiche, economiche. In particolare per le valoriali, si chiede ai cittadini la loro posizione sui fattori di successo, sull’uguaglianza del reddito, sulla responsabilità del governo, su quale sia il problema più grave del paese, sulla politica dell’immigrazione; per le dimensioni politiche, si chiede l’opinione dei cittadini sul ruolo decisionale degli esperti e sull’apprezzamento per una leadership forte; per le dimensioni economiche, le domande selezionate riguardano quale sia l’obiettivo per il paese, la proprietà statale versus la proprietà privata, la concorrenza. La attribuzione ad un gruppo  di dimensioni piuttosto che ad un altro ha un valore esclusivamente classificatorio ed è opinabile (ad esempio il giudizio dei cittadini sulla politica dell’immigrazione potrebbe essere assegnata alle dimensioni economiche). Va inoltre aggiunto che le varie dimensioni analizzate non esauriscono tutte quelle più rilevanti; in particolare ne restano fuori alcune, come le politiche previdenziali e fiscali, che potrebbero essere particolarmente divisive.

In nessuna delle dimensioni la deviazione standard, presa come misura della polarizzazione, è per il nostro paese più elevata (cfr. tav. 2) [1] . L’unico terreno di policy dove sembrano esserci opinioni più marcatamente difformi tra i cittadini italiani intervistati è quello relativo all’identificazione del problema più grave del paese (all’interno di un insieme di problemi predefinito): è il solo caso dove la deviazione standard dell’Italia è più alta del resto degli altri paesi esaminati (Il quesito indicava cinque problemi: persone che vivono in povertà, discriminazione contro le donne, sistema sanitario, istruzione, inquinamento). I valori medi presentano tuttavia qualche notazione interessante: siamo un po’ più sfiduciati che il duro lavoro porti al successo; siamo più “egualitaristi”; crediamo nella concorrenza più dei francesi ma meno degli spagnoli e degli inglesi e abbiamo poca fiducia nella proprietà pubblica; ma, forse una sorpresa, insieme ai tedeschi, ci piace il leader forte.

Il risultato sembra piuttosto indicativo: la divisione tra le forze politiche non trova riscontro in un’analoga divisione tra gli elettori. Ne viene fuori piuttosto l’immagine di un paese abbastanza coeso su alcune scelte rilevanti per la politica economica; almeno, le indagini campionarie non dicono che siamo più polarizzati di altri: non esisterebbero evidenze che l’elettorato italiano sia attraversato da fratture significativamente più profonde di quelle degli elettorati di altri paesi europei.

Il basso livello di polarizzazione sulle questioni economiche è confermato da indagini sul grado di importanza che gli elettori italiani dei due schieramenti hanno assegnato ai diversi temi  nelle recenti campagne elettorali (Bellucci et al, 2010): all’indebolimento marcato delle divisioni strutturali di classe e religione non si sarebbero sostituite nuove divisioni valoriali che separano il campo del centro-destra da quello del centro-sinistra.  Né le indagini evidenzierebbero divergenze drammatiche nella percezione che i due elettorati hanno dei problemi e degli orientamenti di politica pubblica; permarrebbero secondo questa lettura, qualche radicata idiosincrasia, ereditata dai conflitti ideologici del passato, che oppongono le coorti più anziane dell’elettorato. Qualche nuova differenziazione tra elettorato di centro sinistra e elettorato di centrodestra riguarderebbe le propensioni decisioniste, gli atteggiamenti verso gli immigrati e verso l’autonomia delle regioni [2]. Anche il tema fiscale, notoriamente divisivo nelle campagne elettorali, lo è molto di meno nelle opinioni degli elettori.

Come interpretare questi risultati ? La polarizzazione del tipo “dall’alto verso il basso”, può essere il riflesso di una maggiore competizione per il potere nonchè della paura di perdere le rendite, poiché, a differenza della Prima Repubblica, the winner takes all e le risorse per la redistribuzione non sono più illimitate. Se ulteriori approfondimenti empirici confortassero queste prime evidenze, il divario nella polarizzazione tra proposte dei partiti e opinioni degli elettori potrebbe rappresentare un segno di cattivo funzionamento delle istituzioni politiche che hanno “troppo” inasprito la competizione.

NOTE:

[1] Una evidenza simile si ricava dalle surveys di Eurobarometer che forniscono i pesi delle risposte rispetto, tra gli altri, al giudizio sulla concorrenza, all’importanza dello sviluppo economico, all’intervento dello stato. Il peso delle risposte che si collocano agli estremi (pieno accordo/totale disaccordo), che è un indicatore della polarizzazione della distribuzione, è per l’Italia in linea con quello degli altri paesi, in alcuni casi più basso. Cfr Eurobarometer, Citizenship and sense of belonging, 2004. Qui polarizzazione e eterogeneità sono considerati sinonimi; una discussione interessante di metodologia statistica si trova in Lindqvist e Ostling (2008); la loro conclusione è che sia difficile sul piano empirico distinguere tra polarizzazione e eterogeneità e che la deviazione standard sia una misura più che accettabile.

[2] E’ possibile che qualche issue, divenuta oggetto di particolari attenzioni polarizzi l’elettorato (cosiddette takeoff issues) e distragga l’attenzione degli osservatori dalle questioni dove l’attitudine tra gli elettori rimane largamente coincidente. Sono fenomeni che già sono stati osservati, ad esempio negli Stati Uniti, anche se non con riferimento ad issues di politica economica e che sarebbe interessante approfondire anche da noi.

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Barca F. (2006) L’Italia frenata, Roma, Donzelli

Bellucci, P., Segatti P. , Scadee, H.M.A.,  Barisione, M.,  (2010) Decidere sui temi, sulla competenza dei partiti e sui leader: i fattori di medio periodo, in P. Belucci e P. Segatti, Votare in Italia: 1968-2008, Bologna, Il Mulino.

Cafagna, L. (2003) Legittimazione e delegittimazione nella storia politica italiana, a cura di L. Di Nucci, E. Galli della Loggia, Due Nazioni, Bologna, Il Mulino.

Curini, L. e Iacus, S.M. (2008), Italian spatial competition between 2006 and 2008: a changing party system?, paper presented at the XXII Congress of the Italian Political Science Society (SISP), Pavia, 5-8 September

Felli, E. (2013) Political Polarization in Italy: disruptive and self-destructive (either bottom-up or top-down) nel blog Sofiaeconomics.wordpress.com.

Lindqvist, E. e Ostling, R. (2008) Political Polarization and the Size of Government, IFN working paper n. 628

Lippolis, V. e Pitruzzella, G. (2007) Il bipolarismo conflittuale, Soveria Mannelli, Rubbettino.

Salvati, M. (2000), Occasioni Mancate, Roma-Bari, Laterza.

 

TAVOLA 1.  INDICE DI POLARIZZAZIONE DELLE FORZE POLITICHE (1)

Paese

  anno

 
ITALIA

2006

6,16

FRANCIA

2002

5,82

GERMANIA

2002

3,58

GRECIA

N/A

N/A

POLONIA

2001

5,31

REGNO UNITO

2005

2,93

SPAGNA

2004

4,03

  • Calcolato con la seguente formula clip_image002

VSj= Percentuale di voto per il partito j

Fonti:

1) Colonna del Dataset CSES
B5001:  Percentuale di voto ricevuta dal partito/ (Parlamento)
B5005:  Percentuale di voto ricevuta dal partito alle elezioni presidenziali (Francia)

clip_image004= Indice della posizione ideologica del partito j nel paese k (intervallo compreso fra 0 (sinistra) a 10 (destra)
2) Colonna del Dataset CSES (B5018:  Posizione dei partiti sulla scala LEFT-RIGHT clip_image006=  Media ponderata della posizione dei partiti sulla dimensione left-right, dove ogni partito è pesato per la sua percentuale di voto

Note sull’elaborazione:

  • Per il calcolo della media pesata clip_image006_0000, i valori del clip_image008 (vote share in percent for party j) sono stati calcolati riproporzionando su base 100, per tenere conto del fatto che la somma delle quote percentuali dei singoli partiti, non sempre raggiungevano il 100%.
  • Sono stati esclusi i partiti ai quali era attribuito uno share “convenzionale”:
  • Per la Francia non esistono valori per il “PERCENT OF THE POPULAR VOTE THAT PARTY RECEIVED”, ma solo per l’elezione Presidenziale (sono questi i valori che ho considerato come validi).

TAVOLA 2. LA POLARIZZAZIONE NELLE OPINIONI

  Totale Italia Francia Germania Polonia Regno Unito Spagna
Il duro lavoro porta al successo (1)
Media 5.0 5.3 5.3 4.8 5.9 4.5 4.2
Deviazione standard 2.58 2.53 2.56 2.49 2.75 2.71 2.14
Egualitarismo (2)
Media 5.4 5.9 5.1 4.5 6.8 5.4 5.7
Deviazione standard 2.67 2.43 2.83 2.38 2.59 2.66 2.62
Responsabilità individuale (3)
Media 5.0 4.8 5.9 4.5 4.9 5.9 4.4
Deviazione standard 2.63 2.48 2.67 2.52 2.76 2.70 2.28
Il problema più grave del paese (4)
Media 2,29 2,25 n.d. 2,68 1,58 n.d. n.d.
Deviazione standard 1,61 1,65 n.d. 1,63 1,24 n.d. n.d.
 Immigrazione (5)
Media 2,44 2,41 n.d. 2,48 2,46 n.d. 2,40
Deviazione standard 0,72 0,73 n.d. 0,70 0,79 n.d. 0,67
POLITICA ECONOMICA
Obiettivi del paese(6)
Media 1,95 1,82 2,24 2,94 1,76 2,19 2,07
Deviazione standard 1,06 1,05 1,11 2,02 0,97 1,03 1,07
Proprietà Statale  vs  Privata (7)
Media 5.4 4.9 n.d. 5.1 6.8 n.d. 5.4
Deviazione standard 2.42 2.15 n.d. 2.29 2.69 n.d. 2.14
Concorrenza (8)
Media 4.4 4.4 5.0 3.9 4.9 4.2 4.2
Deviazione standard 2.35 2.33 2.61 2.05 2.73 2.45 1.96
POLITICA
Ruolo degli esperti (9)
Media 2,48 2,60 2,54 2,41 1,93 2,63 2,79
Deviazione standard 0,93 0,93 0,90 0,88 0,68 0,98 0,98
Leader forte (10)
Media 3,15 3,38 2,93 3,38 2,89 3,13 2,97
Deviazione standard 0,92 0,83 0,99 0,82 0,87 0,99 0,91

1) Valori crescenti (1-10) al crescere della sfiducia che il duro lavoro porti al successo.
2) Valori crescenti ( 1- 10) al crescere del convincimento che il reddito sia un incentivo.
3) Valori crescenti (1-10) al crescere del convincimento che le persone dovrebbero avere più responsabilità rispetto  al  governo.
4) Valori crescenti: 1) Persone che vivono in povertà e bisogno, 2) Discriminazione femminile, 3) Scarsa igiene e malattie infettive,     4) Istruzione inadeguata, 5) Inquinamento ambientale. Valori decrescenti: -1) Non sa, -2) Non risponde,-3) Non è applicabile,     -4) Non richiesto dal sondaggio, -5) Sconosciuto.
5) Valori crescenti al crescere del convincimento che bisogna contrastare l’immigrazione.
6) Valori crescenti: 1) Alto livello di crescita economica, 2) Forte difesa militare, 3) Maggior coinvolgimento della popolazione nelle scelte, 4) Progetti per migliorare città e campagne. Valori decrescenti: -1) Non sa,    -2) Non risponde,-3)  Non è applicabile, -4) Non richiesto dal sondaggio, -5) Sconosciuto.
7) Valori crescenti ( 1-10) al crescere del convincimento che la proprietà del governo nelle imprese dovrebbe essere più estesa.
8) Valori crescenti (1-10) al crescere del convincimento che la concorrenza sia dannosa.
9) Valori crescenti (1-4) al crescere del convincimento che sia un male assegnare agli esperti un potere di decisione.
10) Valori crescenti (1-4) al crescere del convincimento che avere un forte leader sia un male

Fonte: Banca dati World Values Survey, http://www.wvsevsdb.com. WVS 2005-2008, corrispondente alla quinta ondata dell’indagine statistica mondiale. Lo studio è stato realizzato in 57 paesi in tutto il mondo. Paesi selezionati/campionario: Francia (2006), Germania (2006), Gran Bretagna (2006),  Italia (2005), Olanda (2006), Polonia (2005), Spagna (2007), Svezia (2006).

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