L’ultima settimana di novembre ho visitato l’Amsterdam Arena con l’obiettivo di capire come in Olanda siano riusciti a passare dalle parole ai fatti cioè a costruire e gestire uno stadio modello come il loro. Inoltre, volevo capire quali misure sono state adottate per risolvere il problema della violenza negli stadi, in un paese che negli anni ’80 ha avuto le stesse problematiche che noi stiamo vivendo ormai da molti anni, senza trovare una soluzione soddisfacente. Ho avuto il piacere di essere ricevuto dall’amministratore delegato dell’Amsterdam Arena e responsabile della gestione dello stadio Henk Markerink.
L’impatto che ho avuto con la struttura, i contenuti della conversazione e la cortesia con la quale sono stato ricevuto mi hanno provocato la sensazione di essere sceso dall’Enterprise, la famosa nave spaziale di Star Trek, in un altro pianeta. La spiegazione risiede non solo nelle logiche adottate per la costruzione e la gestione dello stadio, ma soprattutto nella determinazione di raggiungere l’obiettivo programmato in sede di pianificazione. Quest’ultimo visto non come un “compromesso pasticciato” ma come la soluzione migliore per offrire un prodotto ad alto valore aggiunto a tutta la collettività.
La conversazione si è aperta subito con la mia curiosità nel voler capire le motivazioni che hanno portato alla costruzione del nuovo stadio, la scelta della zona e le modalità di finanziamento.
Il progetto per la costruzione dell’impianto inizia con la candidatura di Amsterdam per l’organizzazione dei Giochi Olimpici del 1992, assegnati poi alla città di Barcellona. Il piano, rivisto più volte nel corso degli anni, viene approvato nel 1992 dal Comitato Supervisore della Società Stadion Amsterdam NV. Come ha tenuto a precisare Henk Markerink, fin dall’inizio della progettazione era chiaro l’obiettivo da raggiungere: l’Arena doveva diventare uno stadio noto in tutto il mondo in grado di ospitare in modo continuativo eventi di vario tipo, sportivi e non, con l’ambizione di diventare il secondo centro della città di Amsterdam. Perché è bene evidenziare che il successo o meno di un’infrastruttura di questo tipo si determina già nella fase di progettazione e di sviluppo del progetto.
Per questo motivo furono definite alcune linee guida da seguire. Il comune di Amsterdam avrebbe considerato l’Arena nell’ambito di un più ampio progetto di sviluppo urbano e l’espansione commerciale dell’area circostante avrebbe coperto parte delle spese di costruzione dell’Arena. Quindi, la scelta della zona non è stata casuale. Lo stadio è stato ubicato nella zona sud-est di Amsterdam, ora nota come Arena Boulevard, con l’obiettivo di promuovere anche il vicino il quartiere Bijlmermeer. Inoltre, il vecchio stadio De Meer, la struttura dove giocava le partite l’Ajax, non era più in grado di soddisfare le nuove logiche di business. Quindi, l’Aiax sarebbe diventato il principale cliente e utilizzatore dell’impianto per le partite casalinghe in cambio di un canone d’affitto. Infine, una partnership tra pubblico e privato avrebbe diretto finanziariamente e operativamente il progetto.
I lavori iniziati nel 1993 si sono conclusi nel 1996 e, già prima dell’inaugurazione, il 14 agosto 1996, più di 100.000 persone avevano partecipato a tour organizzati per visitare la nuova struttura. Lo stadio alla fine dei lavori era pienamente rispondente a come era stato concepito in fase di progettazione e alcune caratteristiche rendono lo stadio unico nel suo genere. Ad esempio è il primo stadio europeo con copertura mobile, è stato costruito sopra un’autostrada e, sotto il campo da gioco, è stato ideato il Transferium. Quest’ultimo,un parcheggio di scambio gestito dal comune di Amsterdam, dove lasciare l’auto per accedere alla città con i mezzi pubblici.
La capienza è di 52.000 posti a sedere, distribuiti su due anelli, senza pista di atletica leggera, con ottima visibilità da ogni posizione per la vicinanza al campo da gioco. Inoltre, l’arena è strutturata in linea con i criteri di segmentazione in base ai differenti livelli di servizi da fornire ai vari target di spettatori.
Lo stadio dispone di 9 skybox per le imprese fondatrici, altri 54 per le altre società e privati, 8 skylounge, 12 skyroom, 1500 posti business e 20 posti VIP. Gli skylounge e gli skyroom sono situati tra il primo ed il secondo anello e sono, rispettivamente, delle stanze di 87mq e 26mq dotate di ogni confort e servizi, che hanno a disposizione una balconata adiacente con 20 e 10 poltroncine. Gli affittuari sono obbligati a comprare, rispettivamente, 20 e 10 biglietti a stagione per le partite dell’Ajax, e hanno il diritto ad acquistare 20 e 10 posti auto nel parcheggio del Transferium. Inoltre, nello stadio sono presenti un bar a tema Soccer World, un museo dedicato alla storia della squadra, uno store del merchandising dell’Ajax e circa 3000 mq di ristoranti. Questi ultimi sono disponibili per le aziende durante gli eventi e anche per attività “business to business” nelle altre giornate.
Il costo finale dell’Arena è stato di circa 127 milioni di euro. Lo schema di finanziamento della struttura è stato per quei tempi innovativo. Il progetto iniziale prevedeva il Comune di Amsterdam come unico soggetto finanziatore e costruttore. Tuttavia, a causa dell’aumento dei costi e per la volontà del governo di delegare la gestione ai privati furono coinvolti nel piano altri investitori. L’intero progetto è stato finanziato per il 30% con donazioni (dal comune di Amsterdam e dal governo olandese), per il 44% con capitale di rischio (Ajax, imprese e certificati di deposito) e il rimanente 26% con capitale di debito, vedi tabella 1.
Tabella 1. Soggetti Finanziatori (importi in milioni di euro)
Comune di Amsterdam – donazioni
33
26%
Sussidi governativi – donazioni
5
4%
AFC Ajax – capitale di rischio
9
7%
Imprese (8 società) – capitale di rischio
20
16%
Certificati di deposito – capitale di rischio
27
21%
Prestito bancario – debito
33
26%
127
100%
Fonte: Elaborazione su dati Amsterdam Arena
Per agevolare l’operazione il comune di Amsterdam acquistò una parte del vecchio stadio De Meer, con i cui proventi l’Ajax contribuì a finanziare il nuovo stadio. Il terreno dove costruire l’Amsterdam Arena fu venduto dal comune a un prezzo inferiore rispetto al valore di mercato. Inoltre, il comune predispose il terreno e si occupò di tutta la parte infrastrutturale gratuitamente.
Un importante contributo al finanziamento dell’Arena è stato dato da otto importanti società, le fondatrici e azioniste, ognuna delle quali ha contribuito con circa 2,2 milioni di euro, ad eccezione della Philips che ha pagato 4,55 milioni di euro. Quest’ultime godono di alcuni privilegi come la possibilità di utilizzare un salotto da 10 posti con una particolare visibilità del campo da gioco, diritti esclusivi di pubblicità e fornitura di beni e servizi.
La Stiching Administratiekantoor Stadion Amsterdam, la fondazione unica azionista di Stadion Amsterdam NV, emise i certificati di deposito che ebbero un buon successo di sottoscrizione. I possessori di questi certificati hanno il diritto a un posto nell’Arena, vedi tabella 2, ma un biglietto di accesso separato deve essere acquistato per ogni evento aperto al pubblico organizzato nello stadio. Ad esempio, se i possessori dei certificati non sono interessati agli eventi dell’Ajax, quest’ultima ha il diritto di affittare sia gli skybox, sia i posti business per un anno per i soli eventi dell’Ajax. E’ utile rilevare la differenza tra azionisti e possessori di certificati di deposito. Questi ultimi hanno solo diritti finanziari, come il pagamento del dividendo, mentre gli azionisti hanno anche diritto di controllo e di voto.
Tabella 2: Tipologie di certificati di deposito (valori espressi in euro)
Tipologia
Valore Nominale
Diritti Relativi
A
113.445,05
skybox
B
6.806,70
posto business
C
3.630,24
posto tribuna est
D
2.722,68
posto tribuna est lat.
E
1.134,45
posto nelle curve
Fonte: Amsterdam Arena
La cosa da evidenziare è che ogni soggetto ha fatto la sua parte in modo sinergico per evitare che una situazione troppo indebitata potesse rendere l’operazione stadio finanziariamente impraticabile. In particolare, la parte pubblica ha posto le condizioni affinchè fosse appetibile l’investimento da parte di banche e imprese private generando così una partenership pubblico-privato che ha portato a una logica win-win.
Un’altra decisione risultata valida dal punto di vista operativo è stata la separazione tra la proprietà e la gestione dell’Arena, vedi figura 1. Ciò permette all’amministratore, l’Amsterdam Arena BV, una gestione più snella e veloce della quotidianità, mentre rimane il controllo da parte della proprietà sulla gestione.
Con l’approfondimento dell’aspetto legale è finita la prima parte della conversazione con Henk Markerink. Devo rilevare che le mie curiosità sono state pienamente soddisfatte. Rimaneva la parte più stimolante da analizzare, quella dei contenuti, cioè capire come una struttura di questo tipo sia sostenibile dal punto di vista economico-finanziario nel lungo periodo. Questo discorso ci ha portato ad affrontare l’altra mia curiosità, cioè di come siano riusciti a risolvere il problema della violenza negli stadi, un serio ostacolo per la gestione dell’Arena.
Terminata la parte infrastrutturale iniziava il compito più difficile, gestire l’Arena. Come ha evidenziato Henk Markerink, il core business dell’impianto è quello di ospitare una grande molteplicità di eventi sportivi e non. Per fare ciò diventava fondamentale impostare una relazione stabile con i fornitori di contenuti. Per chiarire meglio il discorso, finita la parte hardware, lo stadio, era necessario dotarsi di un ottimo software, il personale dell’Arena e i contenuti, che facesse funzionare la macchina. A tal riguardo, furono siglati, già prima dell’apertura dello stadio, dei contratti pluriennali con alcuni partner quali l’Ajax calcio, la Federazione di Calcio Olandese KNVB, la squadra di football americano Amsterdam Admirals, l’organizzatore di concerti Mojo Concerts, l’organizzatore di eventi dance ID&T e, infine, l’organizzatore di eventi sportivi IEP. In questo modo si raggiunse un duplice obiettivo: si stabilizzavano i flussi di cassa e si garantivano all’Arena un numero adeguato di eventi. Con un utilizzo dell’Arena di circa 30 giorni all’anno l’Ajax calcio è il partner più importante. La risposta da parte del pubblico dall’apertura del nuovo impianto è stata notevole e l’Ajax ha raddoppiato il giro d’affari legato alle partite. Questo perché è possibile offrire servizi migliori e proporre un’offerta personalizzata ai vari segmenti di clientela-tifosi, in particolare al segmento corporate.
L’Arena in un anno ospita circa 70 eventi, per un totale di circa 2 milioni di visitatori. Nel corso degli anni si è ridotta la dipendenza dei risultati economico-finanziari dai risultati sportivi dell’Ajax, aumentando il numero degli eventi non sportivi. Questo ha permesso all’Arena di acquisire un’immagine multifunzionale, di un luogo, cioè, dove è possibile ospitare persino i matrimoni. Come ha tenuto a precisare Henk Markerink, aumentare il numero di eventi era l’unico modo per ottenere un adeguato ritorno sull’investimento. In quanto per una struttura come l’Arena raggiungere un risultato netto positivo, ma anche il solo break even (pareggio dei costi), richiede uno sforzo notevole da parte del management e un approccio di marketing molto aggressivo. Basti pensare che in un anno l’Arena si deprezza di 5,7 milioni di euro. Quindi, il solo modo per investire nella struttura e mantenere l’impianto sempre aggiornato, soprattutto dal punto di vista tecnologico, era necessario generare dei flussi di cassa adeguati, vedi figura 2 e 3.
Figura 2. Flusso di Cassa dell’Amsterdam Arena (importi in milioni di euro)
Fonte: Elaborazioni su dati di Bilancio Stadion Amsterdam NV
Figura 3. Risultato netto dell’Amsterdam Arena (importi in milioni di euro)
Fonte: Elaborazioni su dati di Bilancio Stadion Amsterdam NV
Tali risultati, così positivi, sono stati conseguiti anche grazie all’equilibrato finanziamento iniziale del progetto. A questo punto era utile capire le analisi svolte per raggiungere questi obiettivi. Henk Markerink è stato molto chiaro, era indispensabile andare oltre il classico concetto di marketing. Tradotto, significava essere molto più creativi per portare quanto più pubblico possibile nell’Arena, utilizzando al meglio la versatilità dell’impianto.
Dalla segmentazione della domanda delle partite di calcio emerse una cosa molto interessante. L’80% dei ricavi era generato dai VIP che rappresentavano circa il 20% degli spettatori. Questi ultimi richiedono dei servizi molto personalizzati, così per andare incontro alle diverse esigenze è stata operata un’ulteriore differenziazione: VIP, VVIP, VVVIP, etc.. Queste segmentazioni hanno richiesto un successivo intervento sulla struttura in modo da poter offrire un servizio adeguato ai bisogni dei vari target.
Un interessante fascia di mercato è costituita dagli anziani, che, come ha detto Henk Markerink, rappresentano il perfetto spettatore. Le ragioni sono molteplici, hanno una costanza nella frequentazione dell’impianto, il grado di fidelizzazione è elevato, hanno soldi da spendere e, inoltre, il loro numero è in aumento. Il problema è che queste persone richiedono degli investimenti importanti nell’Arena come le scale mobili, gli ascensori e altri servizi adatti alle loro esigenze.
Un’altra consistente parte dei ricavi, in particolare per gli eventi sportivi, è formata dai diritti venduti ai media. Per andare incontro a questa particolare domanda è necessario che l’impianto sia sempre in linea con le loro richieste. Questo vuol dire investire in ICT. I continui investimenti in tecnologia hanno permesso all’Arena di aumentare la versatilità della struttura e di migliorare i servizi offerti.
E’ importante evidenziare che nella maggior parte dei casi l’Arena riceve un canone fisso per ospitare l’evento e gli spettatori non rappresentano un cliente diretto per la struttura. Ma un impianto confortevole e sicuro influenza la partecipazione e la soddisfazione degli spettatori e indirettamente il grado di soddisfazione dell’organizzatore dell’evento. In questo senso è stato ideato il progetto “Closed Circuit Customer” che ha l’obiettivo di creare una relazione diretta e stabile con i potenziali spettatori dell’Arena. Il concetto è quello del reverse marketing, cioè l’Arena offre, ai partner e agli organizzatori di eventi, non solo la struttura ma anche gli spettatori. Quindi, la conoscenza del mercato e la continua relazione con lo spettatore, customer relantionship managemet, costituiscono le basi per ogni azione di marketing. Come ha sottolineato Henk Markerink, l’obiettivo è far sentire lo spettatore parte della struttura, come se fosse a casa propria. Dal momento dell’acquisto del biglietto e sino al ritorno a casa gli spettatori dell’Arena devono camminare su un “tappeto rosso”. Per questo gli sono forniti, con l’aiuto delle moderne tecnologie ICT, una serie di servizi che facilitano la fruibilità dell’Arena. Devo sottolineare che la sensazione che si prova dentro l’Arena è di vivere un’esperienza esclusiva al di la dell’evento, la visibilità del terreno di gioco è perfetta e non c’è confronto con i servizi offerti rispetto allo standard degli stadi italiani.
L’attenzione per lo spettatore e l’utilizzo di nuove tecnologie per l’erogazione di servizi sempre più aggiornati ci hanno portato ad affrontare la mia ultima curiosità, cioè capire quali provvedimenti hanno consentito di risolvere il problema della violenza all’interno degli stadi.
In Olanda la situazione alla fine degli anni ’80 in era molto simile alla nostra situazione attuale. La repressione da sola non riusciva a risolvere il problema della violenza all’interno degli stadi. Gli stadi erano obsoleti, i parcheggi limitati, le infrastrutture e i servizi pubblici inadeguati. La tecnologia all’interno delle strutture era inesistente, non c’erano né controlli elettronici all’ingresso né un sistema di controllo con telecamere. Inoltre, i servizi all’interno dello stadio erano limitati ai servizi igienici, pochi e non sempre funzionanti, e qualche bar. Il risultato di tutto ciò era che il pubblico tendeva a disertare gli stadi creando anche un danno economico ai club. Era necessario per tutti gli attori in gioco, stato, club e organizzatori trovare una soluzione. Il problema non era di facile soluzione, ma era importante intervenire con un approccio diverso e in modo sinergico. Il primo passo è stato quello di modernizzare o costruire ex novo gli impianti e le infrastrutture, per poi migliorare il metodo per gestire gli eventi. Il nuovo concetto introdotto è stato quello del crowd management, cioè la gestione delle folle. Il crowd management è un metodo integrato che pone lo spettatore al centro dell’attenzione garantendogli sicurezza, comfort e una serie di servizi. Il metodo del crowd management dopo anni di esperienze acquisite è diventato parte integrante della gestione dello stadio da parte dei club e del management dell’Arena. Sempre di questi ultimi è la responsabilità della sicurezza all’interno della struttura. Dentro le mura dello stadio, per scelta, non entra la polizia e la sicurezza è affidata agli stewards, figure professionali che conoscono bene ogni settore dell’impianto e le persone che lo frequentano. Il tutto è coordinato da una sala controllo all’interno dello stadio, con la collaborazione della security e la polizia, che attraverso dei monitor, collegati a un sistema di telecamere presenti in ogni parte dello stadio, esamina il flusso della folla e quello che accade per intervenire, in caso di necessità, nella maniera più opportuna. I tifosi più accesi, gli ultrà, seguono un percorso specifico, non entrando mai in contatto con altri tifosi, e sono collocati in un apposito settore all’interno dello stadio. La scelta di non far entrare la polizia dentro l’impianto è dovuta sia dal fatto che gli scontri, oltre che tra tifoserie, accadevano in gran parte contro le forze dell’ordine e sia per responsabilizzare i club nella gestione dello stadio.
La cosa da evidenziare è che il fattore critico di successo per questa operazione è stata la collaborazione tra club, forze dell’ordine-stato, perché ognuno questi soggetti ha fatto la sua parte. I club conoscendo bene la tifoseria hanno cessato ogni connivenza con la parte più estrema del tifo. Non potevano più permettersi, dopo gli investimenti fatti, di tollerare atti vandalici e scontri all’interno dello stadio. Il danno economico e di immagine sarebbe stato troppo elevato. Lo stato ha creato i presupposti con l’aiuto delle forze dell’ordine, attraverso una legislazione adeguata, affinchè si rispettassero le regole. Un grande aiuto per realizzare tutto ciò è stato fornito dall’utilizzo della tecnologia. Ad esempio, l’electronic entrance-control facilita molto il controllo all’ingresso dell’impianto. Il filo conduttore è sempre l’attenzione per lo spettatore, cui devono essere garantiti comfort, sicurezza e una serie di servizi che possano rendere piacevole l’esperienza nell’Arena. Come ha evidenziato Henk Markerink: no comfort, no safe, cioè senza comfort non c’è sicurezza. Qui vale la “teoria della finestra rotta” di Giuliani applicata agli stadi, cioè se hai uno stadio (ambiente) degradato è molto più probabile che si degradi sempre più, viceversa uno stadio confortevole, ben mantenuto porta gli spettatori a mantenerlo tale. Inoltre, attira sempre di più la parte positiva dei tifosi, escludendo quelli violenti. Perché solo uno stadio sicuro e confortevole potrà continuare ad attrarre sia gli spettatori sia le aziende.
A tal riguardo, mentre affrontavamo questi argomenti, pensavo alla situazione italiana, in particolare, ai provvedimenti presi per garantire la sicurezza per il derby Roma-Lazio del novembre scorso. Per paura di scontri tra le due tifoserie è stato limitato l’accesso ad una tribuna dello stadio, con il risultato che la tribuna, in una delle partite più importanti dell’anno, era quasi vuota. Nell’ultimo derby di Coppa Italia è stata proposta l’operazione legalità, i cancelli sono stati aperti agli over 60 e ai bambini per un totale di circa 7000 presenze, la tribuna può contenere più di 16.000 spettatori. Addirittura, il derby Bari-Lecce si è pensato di svolgerlo a porte chiuse! Sarebbe una sconfitta per tutti, se per motivi di ordine pubblico si dovessero chiudere gli stadi. La conclusione è che se lo stadio dovrà diventare una fonte di ricavo per i club, non è possibile limitare l’accesso ai tifosi per motivi di ordine pubblico. Il primo passo, prima di qualsiasi iniziativa sugli stadi, è quello che lo stato e le società di calcio devono riappropriarsi del territorio. Come ho scritto nell’articolo dell’11 novembre la palla è nel campo delle istituzioni, si devono isolare i violenti, cioè quei soggetti che colgono ogni avvenimento per fare guerriglia urbana e scontrarsi con le forze dell’ordine, soprattutto in occasione delle partite più importanti. Il divieto di accedere a manifestazioni sportive (DASPO) per quei soggetti che lanciano bombe carta e sono in possesso di coltelli e mazze di vario tipo serve a poco, si deve intervenire con una legislazione adeguata. In particolare, si deve infondere nel pubblico la percezione che lo stadio e le zone limitrofe siano luoghi sicuri.
Per concludere, l’esperienza dell’Amsterdam Arena ha dimostrato quanta strada l’Italia deve percorrere in questo settore. La costruzione dell’Arena non ha soltanto dotato la città di una struttura moderna, polivalente e confortevole, ma è stato l’elemento catalizzatore per lo sviluppo economico e sociale dell’area. Infatti, l’Arena si è rivelata non solo un potente strumento per la crescita immobiliare, ma ha permesso la realizzazione di nuove strutture ricettive, sportive e commerciali valorizzando l’intera zona. L’Arena Boulevard da quartiere degradato, con un alto tasso di criminalità, è diventato un luogo dove si svolgono eventi di vario genere, cioè uno spazio per il tempo libero e l’intrattenimento. Per fare un esempio possiamo paragonare questo tipo di Arene alle cattedrali medioevali, dove intorno si sviluppava la vita economica e sociale dell’intero villaggio. Il caso dell’Arena ci dimostra, anche, come la collaborazione tra pubblico e privato possa essere vincente. Inoltre, questa esperienza conferma che gli stadi sono infrastrutture molto costose e difficili da gestire con criteri di economicità, perché in prima istanza appesantiscono il bilancio del club. Prima di fare qualsiasi investimento fisico sulle strutture è importante fare un investimento sul capitale umano, perché è importante che a progettarli e a gestirli ci sia gente capace, la partita si gioca sui servizi da offrire e sull’utilizzo delle tecnologie. Tenendo presente che ogni territorio, come ho scritto nell’articolo del 13.10.2010 su Crusoe, ha determinate caratteristiche e bisogni. Ringraziando Henk Markerink della disponibilità prestata nella visita della struttura, l’ho salutato, con una battuta, dicendogli che il Colosseo del 2000 si trova ad Amsterdam. Questo ci dovrebbe far riflettere…